
La saldatura tra Cristo e Roma è già evidenziata dal giudizio che l’ufficiale romano, che comandava a Cafarnao, dette su Cristo. Quell’ufficiale aveva capito il mistero divino di Gesù, che riconobbe che la fede di quell’ufficiale era un modello, superiore alla fede della gente ebraica.
Si deve riflettere che l’ufficiale romano ebbe accesso facile al mistero di Gesù perché la base religiosa romana era retta, com’è facile dimostrare con gli scritti di Cicerone, pater Patriae. Questi scritti dimostrano che i Romani, nella loro tradizione, credevano nel Dio Altissimo, nella libertà e nella immortalità del principio vitale umano, nel possibile destino beato dei giusti che amano il Bene in assoluto.
Si consideri questo asserto del De Repubblica: “A chiunque abbia preservato, aiutato, migliorato la Patria è assicurata la celeste beatitudine per l’eternità”.
Questa era la base formativa che permetteva all’ufficiale di Cafarnao, che conosceva parole e opere di Gesù, di capire che Gesù era la massima manifestazione della benevolenza divina.
Era la stessa base che permise all’ufficiale che comandava a Cesarea Marittima di rimettersi completamente nelle mani di Pietro; così anche Pietro seppe in quali mani rimettersi quando lo si voleva uccidere a Gerusalemme.
(4 settembre 2017)